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mercoledì 13 febbraio 2013

non riuscivo a chiamarla per nome

Giugno 2011.
Ero in giro per la città; davanti ai miei occhi passò una ragazza anoressica, magrissima, faceva senso e percepivo la sua fatica nel camminare a causa della magrezza e del caldo... io rivolgendomi a mia mamma le dissi " mamma, guarda che magra" e lei mi rispose " tu sei come lei".
Mia mamma era molto preoccupata e spaventata per la mia salute... dimagrivo molto e mangiavo quasi niente. Il ciclo non mi arrivava, e allora mi ha portata ad una visita dalla dottoressa che mi aveva curato per i problemi di iperinsulinemia.... lì per la prima volta fu pronunciata una parola che mi spaventò e mi lasciò atterrita; la dott mi disse " fai a pugni con l'anoressia"... anoressia? No impossibile, io non ero anoressica, stavo solo molto molto attenta a ciò che mangiavo e al calcolo calorico degli alimenti che ancora mangiavo... diciamo solo più tonno naturale ogni tanto, per premio.
Quel giorno andai a casa, scossa, quella parola continuava a rimbombarmi nelle orecchie.... ma dopo alcuni giorni non ci pensavo nemmeno più.

Settembre 2012
Mia mamma mi portò da una dietista, ormai non avevo più il ciclo da mesi e mangiavo solo più verdura e basta .
La dietista mi etichettò come "anoressica".
Non riuscivo a pronunciare quel nome, non ce la facevo, e ancora oggi pronunciarla mi provoca un brivido che mi attraversa tutto il corpo, forse perché sono consapevole di cosa vuol dire essere anoressica e combattere ogni giorno una battaglia.

Dicembre 2012.
Mamma e papà mi portarono a Torino, all' ambulatorio , al centro pilota di dca. Leggo più volte la sigla sul foglio della prenotazione " Centro pilota per i disturbi del comportamento alimentare". E ancora mi sembra impossibile, io non ero anoressica, o forse un po' sì.
Da quel giorno la mia diagnosi divenne "anoressia nervosa".
Nonostante tutto non riuscivo a chiamare il problema per nome, nei discorsi con mia mamma o con le amiche dicevo " il mio problema con il cibo" oppure semplicemente "problema nel mangiare".
Ma quando, ho avuto il coraggio di chiamare il mio problema per nome, un peso si è alleviato dal mio stomaco. Mi ricordo, stavo parlando con la mia titolare del bar, e le avevo detto che sarei stata ricoverata. Quando lei preoccupata mi chiese per cosa, io risposi con voce bassa e rauca "anoressia". Lei mi abbracciò  forte e mi disse che era la scelta più giusta che avrei potuto fare, e che lei sperava in questa mia decisione da tempo perché aveva capito tutto.

4 commenti:

  1. un grandissimo passo avanti chiamarla per nome.....

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  2. Sì Isu. È stato ammettere di avere un problema vero. Mi sono accorta davanti a cosa mi trovavo e mi trovo

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  3. Ricordo di averla quasi sempre chiamata per nome, ma di non aver capito per un bel pezzo che dietro a quel nome si nascondeva una malattia. L'unica persona con cui non l'avevo mai nominata era mio padre. Un po' per pudore, un po' per vergogna. Ha sentito uscire dalla mia bocca quella parola riferita a me una sola volta.
    E' morto meno di 15 giorni dopo. Sono contenta di averne parlato con lui. Anche per poco.

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    Risposte
    1. Sai adesso che ci penso, nemmeno io con mio papà l ho mai chiamata per nome, forte perché mi sento in imbarazzo e da lui non mi sono mai sentita tanto capita...
      Cosa mi hai scritto è molto toccante, mi dispiace, però vorrei sottolineare la forza che hai avuto nel parlare con lui di questa bestia, brava hellie...
      UN ABBRACCIO

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